Zygmunt Bauman
La paura, congiuntamente all’amore, è uno dei sentimenti più importanti, del genere umano.
È naturalmente programmata come strumento principale per la conservazione della specie.
Come ha fatto un’arma di difesa personale a trasformarsi in uno strumento di autodistruzione?
In che modo “il nemico” (e soprattutto chi è?) è riuscito ad afferrare il coltello dalla parte del manico senza togliercelo dalla mano?
Potrebbe essere un demone che si è impossessato dei nostri corpi e la sua strategia è portarci, attraverso immagini contorte e orripilanti della realtà, al terrore,ultimo grado della paura, e così, esausti e rassegnati, per esorcizzarlo,non avremmo più forza se non per conficcarci il pugnale nel petto. Ma questa ipotesi è intrisa di romanticismo ottocentesco.
Sono finiti gli “-ismi”. Il nostro è il secolo della “-fobia”.
“[…]ci è entrata dentro, saturando le nostre abitudini quotidiane: non ha quasi più bisogno di stimoli dall’esterno” ,dice Bauman nella raccolta di analisi sul “fenomeno paura”, ormai cardine della “società aperta” del nostro tempo.
Il nostro nemico è molto più reale e laico. L’abbiamo accolto noi stessi, abbiamo sudato per averlo in casa nostra ed esso non ha avuto fatica ad insediarsi anche nei nostri crani. Al posto delle corna e della coda a punta ha antenna e cavi e il continuo ingrandirsi del suo volto variopinto è direttamente proporzionale alla riduzione del nostro cervello.
“Insicurezza del presente” e “Incertezza del futuro” : ecco i mantra con cui alimenta quotidianamente la nostra vulnerabilità .
Quello che doveva essere il mezzo per avvicinare i continenti attraverso l’informazione, crea barriere: siamo bombardati da notizie superflue, molte di dubbia provenienza, problemi che da globali acquistano carattere individuale e ci costringono prima a serrarci in noi stessi e poi nelle nostre abitazioni.
Case farmaceutiche, “industrie della sorveglianza” e automobilistiche, persino quelle tessili hanno creato il “business della paura”. La paura è diventata oggetto di commercio. Se prima la parola “progresso” ci dava fiducia nell’avvenire e ci faceva sognare un mondo pieno di opportunità per la propria realizzazione, adesso è associata, insieme alla “globalizzazione”, a incubi “di essere lasciati indietro dal ritmo sbalorditivo del cambiamento”.
“ Se nei secoli scorsi si aveva innanzitutto paura della morte” (ed era una paura comune a tutti e non come quella attuale privatizzata) “oggi si ha soprattutto paura della vita”, sostiene l’antropologo francese Marc Augé nell’intervista di Fabio Gambaro per “la Repubblica”.
È possibile che l’instabilità delle nostre prospettive di vita, dei posti di lavoro, dei partner,delle amicizie sia la conseguenza della tanto sognata “società aperta” di Popper?
La globalizzazione ha “smantellato i confini ” tangibili, ma ha creato gabbie molto più resistenti: la xenofobia,detta anche mixofobia, è il più grande esempio. Se le paure nascono dall’ignoranza, com’è possibile che nel secolo del massimo progresso tecnico-scientifico questo termine sia così frequente?
I mass media hanno premurosamente curato il proliferare di questa erbaccia ormai difficile se non impossibile da estirpare dalla nostra società.
Istintivamente la paura produce regressione, ma non trovando spazio sufficiente per retrocedere, la trasformiamo in aggressione, perché la migliore difesa è l’attacco. “Cerchiamo dei bersagli di riserva sui quali scaricare l’eccesso di paura esistenziale che non riesce a sfogarsi in modo naturale”: questa è, come dice il sociologo francese Alain Touraine, “la dinamica del capro espiatorio”. Per eccellenza, lo identifichiamo con “lo straniero”, rendendolo sinonimo di “criminale” , senza tener conto delle statistiche che dimostrano che la criminalità in Italia è soprattutto opera di giovani non immigrati.
“Atomizzazione” della paura, paura come “moneta di scambio del dialogo pubblico”, ipocondria, islamofobia, il terrorismo dei tempi moderni, la barbarie della xenofobia : “Il demone della paura” di Zygmunt Bauman è un abbozzo ben riuscito del devastante fenomeno del XXI secolo.
(Anonimo)